Caparra confirmatoria vs caparra penitenziale
Quando si presenta una proposta per l’acquisto di un immobile si è soliti accompagnarla con il versamento di una somma di denaro, normalmente tramite assegno, destinata a divenire caparra in caso di accettazione della proposta e conseguente conclusione del contratto preliminare. In via generale (vedremo in seguito come questa definizione riguardi specificamente il tipo confirmatoria) la caparra consiste nella consegna, contestuale alla conclusione di un accordo, di una somma di denaro (o di una quantità di altre cose fungibili) da una parte all’altra per confermare l’impegno assunto contrattualmente, a reciproca garanzia dunque dell’adempimento delle obbligazioni assunte tramite il contratto. Nella prassi contrattuale la caparra ha, in sostanza, un duplice, importante scopo: rafforzare il vincolo e costituire un deterrente in caso di ripensamento di una delle parti.
- Quella appena descritta è la caparra detta appunto confirmatoria, da non confondere con l’altro tipo di caparra previsto dal nostro ordinamento. Il codice, infatti, disciplina due tipi di caparra, che hanno effetti e finalità profondamente diversi: la caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.), che è una cautela contro l’inadempimento;
- la caparra penitenziale (art. 1386 c.c.), che ha invece soltanto la funzione di corrispettivo di un diritto di recesso convenzionale che le parti possono riservarsi ai sensi dell’art. 1373 c.c..
La caparra confirmatoria
Tra le due diverse tipologie, la caparra confirmatoria è certamente quella più diffusa e di frequente applicazione in campo immobiliare e corrisponde alla prassi antichissima di dimostrare la serietà con la quale il contratto viene stipulato, provvedendo a consegnare all’altra parte, nel momento stesso del perfezionamento dell’accordo, una somma di denaro o “una quantità di altre cose fungibili”
La caparra, in caso di esecuzione dell’impegno contrattuale (adempimento della prestazione), deve essere restituita oppure imputata alla prestazione dovuta, a titolo di acconto sul prezzo.
Se la parte che ha dato la caparra si rende successivamente inadempiente agli obblighi assunti, l’altra, se vuole, può recedere dal contratto trattenendo in tal caso definitivamente la caparra ricevuta, a titolo di risarcimento del danno; se inadempiente è la parte che ha ricevuto la caparra, l’altra può recedere ed esigere il doppio della caparra versata. In questa ipotesi la caparra vale a determinare preventivamente il danno economico subito. Di facoltà, peraltro, si tratta.
La parte adempiente, difatti, può anche insistere per l’esecuzione del contratto (ex art. 2932 c.c.) oppure, se ritiene di aver subito per effetto dell’altrui inadempimento un danno superiore all’ammontare della caparra, può proporre una domanda di risoluzione del contratto e chiedere l’integrale risarcimento del danno sofferto secondo le regole generali, dovendo dunque dar prova del danno nel suo preciso ammontare e con l’importante avvertenza che, in questo caso, non potrà trattenere la caparra confirmatoria.
Per quanto sopra detto, affinché la somma versata al momento della conclusione del contratto produca tali effetti, la stessa deve essere espressamente qualificata come caparra; diversamente è da intendersi versata a mero titolo di acconto sul prezzo che, in caso di inadempimento, sarà restituito al promissario acquirente, se non diversamente pattuito.
Qualora la definizione data dalle parti contraenti al versamento della somma sia quella di caparra, senza ulteriore specificazione, la stessa è considerata sempre come caparra confirmatoria.
La caparra penitenziale
Più semplice è la funzione della caparra penitenziale.
In tal caso la somma versata a titolo di caparra ha la sola funzione di corrispettivo (“prezzo”) del recesso, qualora nel contratto sia espressamente prevista l’ipotesi che una o entrambe le parti possano recedere dal contratto (cd. Diritto di recesso).
Chi ha versato la caparra può decidere di esercitare la facoltà di recedere dal contratto, “perdendo” la caparra che rimane definitivamente acquisita dall’altra parte, ed il contratto è senz’altro sciolto, senza che la controparte possa pretendere altro (esecuzione del contratto o sua risoluzione e risarcimento del danno).
Parimenti chi ha ricevuto la caparra può recedere dal contratto restituendo il doppio della caparra ricevuta.
Posta in questi termini, dunque, la caparra penitenziale è definibile anche come il “costo” che una delle due parti deve corrispondere all’altra per essersi pentita di aver concluso il contratto e per potersi liberare da tale vincolo.
Qualora invece il recesso non venga azionato e le parti diano esecuzione al contratto, la caparra perde la propria funzione “penitenziale” e, di conseguenza, deve essere restituita ovvero imputata quale corrispettivo della prestazione dedotta in contratto.
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